Diritto d’autore – Realtà & Miti

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ARTICOLO 13 – IN CHE COSA CONSISTE?

Recupero del value gap agli aventi diritto,level playing field  fra tutti gli operatori,e predisposizione di un contesto normativo a prova di futurodevono ispirare le nuova normativa in tema di copyright.

Riguardo alla campagna in atto sul tema intendiamo ribadire che:

  1. I servizi online di content sharing comunicano attivamente al pubblico.
  2. pertanto devono ottenere una licenza dai titolari dei diritti d’autore per rendere le opere disponibili sui loro servizi, e,
  3. devono applicare misure per l’identificazione dei contenuti.

Riteniamo che tali misure, oltre a remunerare gli aventi diritto, possano andare a beneficio di tutto il sistema, compresi i servizi online permettendo di:

  • fare impresa in un ambiente certo e in conformità di legge,
  • evitare gli elevati costi derivanti dalle controversie,
  • reinvestire in maniera capillare nell’economia creativa europea.

È quanto previsto dalla direttiva copyright nella proposta rivista presentata dall’Eurodeputato Voss che chiediamo di sostenere. Partendo da tali principi, la norma:

  • Non viola le libertà fondamentali previste dalla Carta dei diritti fondamentali.
  • Non viola la protezione dei dati personali.
  • Non è in contraddizione con il regime di responsabilità limitata e il divieto di un obbligo generale di monitoraggio previsto dalla Direttiva E-Commerce
  • Tutela, piuttosto, le libertà fondamentali degli utenti e il diritto fondamentale di fare impresa in un ambiente sicuro, equo, prevedibile e legalmente conforme.

L’articolo 13 intende fornire una certezza del diritto a tutti gli stakeholder e fare in modo che i servizi online, proponendo proattivamente al pubblico, attraverso indicizzazioni e raccomandazioni, contenuti protetti da copyright e traendo profitto dall’uso degli stessi (ricavi diretti da pubblicità, ma anche indiretti da raccolta, utilizzo e cessione dei dati, profilazione) remunerino tali diritti, condividano i ricavi e reinvestano nell’industria creativa: è quanto il settore broadcasting fa da decenni, alimentando la creatività europea (in Italia 1 film su 3 è finanziato dalle televisioni).

L’art. 13 intende evitare che le limitazioni di responsabilità previste dalla Direttiva E-Commerce per intermediari passivi siano estese a operatori e attività già ampiamente presenti nel mercato delle risorse audiovisive (si v. tabella dell’Osservatorio Europeo dell’audiovisivo sui maggiori 50 gruppi globali per ricavi nel settore AV) e continuino a sottrarre valore all’industria creativa continentale non remunerandola per gli utilizzi delle opere (e deprezzando il valore di esclusive e finestre distributive).

L’art. 13 vuole assicurare che tali operatori, significativamente attivi e presenti nel settore AV, smettano di beneficiare di un vantaggio competitivo indebito nei confronti delle aziende continentali che tali diritti remunerano. La proposta è volta a creare un level playing field con tali imprese e a fornire un contesto normativo coerente e certo per tutti gli operatori del settore.

ARTICOLO 13 – IN CHE COSA NON CONSISTE?

L’Articolo 13 NON viola le libertà fondamentali previste dalla Carta dei diritti fondamentali

–     La Carta dei diritti fondamentali garantisce la libertà di espressione, la libertà di fare impresa e il diritto fondamentale alla proprietà, che comprende la proprietà intellettuale (Art. 17(2) della Carta). La libertà fondamentale di fare impresa non protegge solo i fornitori di servizi online, ma anche le industrie creative la cui remunerazione e il controllo per usi non consentiti deve essere parimenti garantita.

–     Obiettivo dell’articolo non è limitare la libertà di espressione dei cittadini ma permettere che tale libertà conviva con i diritti – economici e morali dei creatori. Senza remunerazione non c’è investimento. I titolari di diritti d’autore hanno anche i diritti morali di decidere in che modo devono essere utilizzate le loro opere e da chi (questo fa parte del diritto fondamentale alla proprietà).

–     La giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea ha costantemente affermato che serve un equilibrio tra tutte le libertà e i diritti fondamentali, senza prevalenza di uno sull’altro. Nel caso dell’Articolo 13, il servizio giuridico del Consiglio ha concluso che non viola la libertà fondamentale di espressione poiché: 1) solo i contenuti identificati dai titolari dei diritti sono coperti dalle misure; e 2) i meccanismi per il trattamento dei reclami devono essere messi a disposizioni di chi carica i contenuti online per permettere loro di contestare i take-down. In realtà la percentuale di take-down errati dei contenuti è estremamente bassa, come mostrano i dati dello 0.0002% per i contenuti audiovisivi e dello 0.04% per la musica.

L’Articolo 13 NON viola la protezione dei dati personali

–     Le misure previste non comporterebbero il trattamento di informazioni su tutti gli utenti nè l’analisi sistematica dei loro profili.

–     L’Articolo 13 riguarda esclusivamente i contenuti caricati (e non scaricati o in streaming) coperti dal diritto d’autore rilevato durante il caricamento (sulla base, per esempio, delle impronte digitali fornite dai titolari dei diritti)

–     Non è previsto in alcun modo il controllo di altri dati relativi al contenuto caricato, come l’identità o l’indirizzo IP dell’utente che carica i contenuti oppure la data, l’ora o il luogo.

L’Articolo 13 NON è in contraddizione con il regime di responsabilità limitata e il divieto di un obbligo generale di monitoraggio previsto dalla Direttiva E-Commerce.

–      Il dibattito sulla conformità della proposta con la Direttiva E-Commerce ha condotto a un’interpretazione sbagliata e a disinformazione.

–     Anzitutto non c’è una gerarchia tra atti di legislazione secondaria. Come affermato dal servizio giuridico del Consiglio, l’utilizzo di termini quali “non conforme a” o “incompatibile” oaddirittura “in violazione” in riferimento alla Direttiva E-Commerce non è, in materia di diritto, corretto. In effetti, una norma più recente che disciplina un settore specifico prevale su un norma già esistente che disciplina un settore in maniera generale.

–     È importante sottolineare che la clausola dell’ “safe harbor” della Direttive E-Commerce si applica solo alle piattaforme passive. Il divieto generale di obbligo di monitoraggio non si applica ai servizi attivi, che compiono atti rilevanti per il diritto d’autore e che, di conseguenza dovrebbero sottoscrivere delle licenze con i titolari dei diritti. Queste licenze potrebbero prevedere delle misure di filtraggio dei contenuti, autorizzate dalla Direttiva E-Commerce, che, si ribadisce, prevede il divieto solo nel caso di piattaforme puramente passive.

–      La Corte ha recentemente stabilito in casi quali Stichting Brein vs Ziggo (C-610/15, para. 38), che quando un servizio fornisce un motore di ricerca, indicizzando e categorizzando i contenuti, non può essere considerato un mero fornitore di attrezzature fisiche, dunque non è un servizio passivo (cfr. Considerando 42 della Direttiva E-Commerce).

–      Nel caso di servizi passivi, le misure tecniche a cui si riferisce la proposta di Direttiva non comportano un obbligo generale di monitoraggio (vedere anche il Parere del servizio giuridico del Consiglio), poiché:

  • le misure non sono né costose né gravose (diverse misure sono già utilizzate e variano per natura e costo in modo da adattarsi a piattaforme con scopi diversi e di diverse dimensioni, grandi o piccole);
  •  i servizi online non dovranno determinare se un particolare contenuto viene caricato abusivamente, ma solo identificare i contenuti protetti quando vengono caricati. L’identificazione avviene sulla base dei dati forniti dai titolari dei diritti d’autore; e
  • poiché saranno i titolari dei diritti a produrre i dati necessari, essi parteciperanno ai costi delle misure che dovranno essere approntate dai servizi online riducendo l’onere logistico e finanziario .

NB : I Casi in cui i meccanismi di filtraggio sono stati rifiutati dalla Corte (C-70/10 Scarlet Extended, C-360/10 Netlog v. Sabam) riguardano rispettivamente un fornitore di servizi internet e una piattaforma social network, assolutamente non un online content sharing service provider (OCSSP) il cui scopo principale è proprio quello di fornire accesso ai contenuti.